Dagli Scritti di Padre François Xavier Schouppe (1823-1904).
Il sesto mezzo per schivare il Purgatorio è il ricevere con umiltà e sommissione la morte, come espiazione dei propri peccati: è l’atto generoso con cui si fa a Dio il sacrificio della propria vita, in unione al sacrificio di Gesù Cristo sulla croce. [...]
La Vita del Padre Caraffa ci offre un più consolante esempio. Il P. Vincenzo Caraffa, generale della Compagnia di Gesù, fu chiamato a preparare alla morte un giovane signore condannato all’ultimo supplizio, e che si credeva ingiustamente sacrificato alla morte. Morire nel fiore dell’età, quando si è ricchi, felici, e che ci sorride l’avvenire, è duro, bisogna pur confessarlo: tuttavia un reo, in preda ai rimorsi della sua coscienza, potrebbe rassegnarvisi ed accettare il castigo per espiare i suoi misfatti; ma un innocente!
Il compito del Padre era ben difficile. Tuttavia, aiutato dalla grazia, con tanta unzione gli parlò dei falli della passata sua vita e della necessità di soddisfare alla divina giustizia, tanto bene gli fece comprendere come Dio permetteva pel suo meglio questo temporale castigo, che domò la inasprita sua natura e completamente cambiò i sentimenti del suo cuore. Il giovane, riguardando il suo supplizio come un’espiazione che gli otterrebbe il perdono di Dio, non solo con rassegnazione, ma con gioia al tutto cristiana, salì il patibolo. Fino all’ultimo momento, fin sotto la mannaia del carnefice benediceva Iddio, implorando la sua misericordia, con grande edificazione del popolo che assisteva al suo supplizio.
Ora, nel momento in cui cadeva la sua testa, il P. Caraffa ne vide l’anima salir trionfante al Cielo. Tosto andò a trovare la madre del condannato, e, per consolarla, le narrò ciò che aveva veduto. Era tanto fuori di sé per la gioia che ritornando alla sua cella, non cessava d’esclamare: Oh! il beato! oh! il beato!
La famiglia voleva far celebrare un gran numero di messe per la sua anima: «è inutile, rispose il Padre: bisogna piuttosto ringraziare Dio e rallegrarci: giacché vi dichiaro che quell’anima non è neppure passata pel Purgatorio». […]
Quale felicità di lasciar questa vita miserabile per entrare nella vera e beata vita! Questa felicità tutti noi possiamo averla, impiegando i mezzi datici da Gesù Cristo nella sua misericordia per soddisfare in questo mondo e per preparare perfettamente le nostre anime a comparire dinanzi a Lui. L’anima in tal modo preparata, nell’ultima sua ora è riempita della più dolce confidenza: ha come una pregustazione del Cielo; prova ciò che S. Giovanni della Croce scrisse della morte d’un santo nella Viva fiamma dell’amore: «Il perfetto amor di Dio, dice, rende gioconda la morte, e vi fa trovare le più grandi dolcezze. L’anima che ama è inondata da un torrente di delizie, quando vede avvicinarsi il momento in cui va a godere del possesso pieno del suo Diletto. Vicina ad essere liberata dalla prigione del corpo che si spezza, a lei già sembra di contemplare la gloria celeste, e tutto quanto in lei trovasi si trasforma in amore…
[Brano tratto da “Il dogma del Purgatorio”, di Padre Francesco Saverio Schouppe, traduzione di Don Antonio Buzzetti, tipografia e libreria San Giuseppe degli artigianelli, Imprimatur: Taurini, die 7 Aprilis, 1932, Can. Franciscus Paleari, Provic. Gen.].